La Costituzione italiana detta all’art. 32 i principii costituzionali circa la tutela del diritto alla salute come diritto personale e sociale.

La l. n° 833/1978 ha impostato la normativa specifica relativa alla tutela della salute in strutture pubbliche, allora le USL, ora aziende ASL (Decreto Legislativo n° 502/1992) o private convenzionate (art. 26) o in centri accreditati (Decreto Legislativo n° 229/1999).

La l. n° 104/1992 negli art. 6 e 7 detta le norme generali in materia di prevenzione, cura e riabilitazione per il rispetto del diritto alla vita delle persone con disabilità.

Per tutelare la qualità della vita e la salute dei cittadini, la riforma del Servizio Sanitario Nazionale ha previsto che alcune categorie di cittadini abbiano diritto a prestazioni diagnostiche gratuite. Tra queste rientrano i casi di persone con malattie rare, tra cui è annoverata anche la sindrome dell’X Fragile con D.M. n° 271/2001. Il codice di esenzione per le persone con sindrome dell’X Fragile è RN1330.

L’assistenza sanitaria garantita ai cittadini italiani è assicurata pure a cittadini stranieri con X Fragile anche se non in possesso di un regolare permesso di soggiorno. Tali prestazioni sono gratuite per il pronto soccorso, mentre per le altre prestazioni, se non riguardano persone straniere esenti, debbono essere corrisposte le tariffe determinate dalle regioni o dalle province autonome.

Essendo l’X Fragile una sindrome derivante da una grave malattia ereditaria, si pone il problema di come poter evitare, in via di prevenzione, il concepimento e la nascita di figli portatori della stessa disabilità.

Questo problema era stato indirettamente sfiorato nella l. n° 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita che vieta la fecondazione artificiale eterologa, cioè con ovuli o spermatozoi prodotti da persone esterne alla coppia legalmente sposata; la consentiva esclusivamente all’interno della coppia solo per il caso di persone con infertilità accertata medicalmente, permesso poi esteso anche al coniuge portatore di AIDS.

Conseguentemente il caso che uno dei genitori fosse portatore di una malattia genetica non era assolutamente preso in considerazione, anche perché la legge vietava la “diagnosi preimpianto” dell’ovulo  fecondato all’interno della coppia; di qui la conseguenza che molte coppie anche con questo problema dovevano emigrare in Paesi in cui la procreazione medicalmente assistita con diagnosi preimpianto era consentita anche per questi casi.

Oggi il problema è stato avviato a soluzione a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 96/2015  promossa proprio a seguito del diniego dell’ASL di diagnosi preimpanto a due coppie di coniugi entrambe portatrici di malattie genetiche. A seguito del diniego dell’ASL, le coppie, affiancate ad ajuvandum dall’Associazione radicale “Luca Coscioni”, impugnarono tale atto amministrativo negativo e durante il processo sollevarono questione di legittimità costituzionale, ritenuta ammissibile dal giudice, della l. n° 40/2004 nelle parti in cui vietava tale possibilità. La Corte ha accolto il ricorso, dichiarando illegittime le norme della l. n° 40/2004 per violazione degli art. 2, 3, 32 e 117 della Costituzione, che tutelano il diritto alla salute della donna e dei suoi diritti di scelta di una maternità responsabile. Infatti è stata evidenziata l’assurdità della situazione in cui verrebbe a trovarsi la madre di un concepito cui sia stata trasmessa la disabilità; tale donna non poteva evitare la trasmissione della disabilità a causa del divieto della diagnosi preimpianto, ma poteva abortire ai sensi della l. n° 194/1978, fatto ben più grave sia per il nascituro che per la stessa salute della madre.

La sentenza però, a prima vista sembrerebbe non aver pienamente risolto il problema. Infatti la Corte si è limitata a dichiarare l’illegittimità delle norme, ma ha rimesso al legislatore di legiferare sulla base dei principii fissati nella  propria sentenza. Infatti così si conclude la decisione:

“10.− Una volta accertato che, in ragione dell’assolutezza della riferita esclusione, le disposizioni in questione si pongono in contrasto con parametri costituzionali «questa Corte non può, dunque, sottrarsi al proprio potere-dovere di porvi rimedio e deve dichiararne l’illegittimità» (sentenza n. 162 del 2014), essendo poi compito del legislatore introdurre apposite disposizioni al fine della auspicabile individuazione (anche periodica, sulla base della evoluzione tecnico-scientifica) delle patologie che possano giustificare l’accesso alla PMA di coppie fertili e delle correlative procedure di accertamento (anche agli effetti della preliminare sottoposizione alla diagnosi preimpianto) e di una opportuna previsione di forme di autorizzazione e di controllo delle strutture abilitate ad effettuarle (anche valorizzando, eventualmente, le discipline già appositamente individuate dalla maggioranza degli ordinamenti giuridici europei in cui tale forma di pratica medica è ammessa). Ciò non essendo, evidentemente, in potere di questa Corte, per essere riservato alla discrezionalità delle scelte, appunto, del legislatore.”

Però ambienti vicini all’associazione radicale “Luca Coscioni” sostengono che essendo ormai tolto il divieto della diagnosi preimpianto di ovuli fecondati, la sentenza sarebbe immediatamente esecutiva. Infatti già la stessa l. n° 40/2004 consente tale diagnosi per le coppie infertili e le successive linee guida  hanno previsto che i centri pubblici e privati autorizzati possano effettuare tale diagnosi per quelle in cui uno dei coniugi sia affetto da AIDS. Si ritiene quindi che essendovi i centri autorizzati, e che essendo già prevista dalla l. n° 194/1978 la legittimità di tale diagnosi in vista della richiesta di aborto, non vi sono più ostacoli per l’applicazione della sentenza.

Resta però il fatto che la stessa sentenza dichiara che spetta al legislatore ordinario di individuare quali siano le malattie geneticamente trasmissibili che legittimano la diagnosi preimpianto e la conseguente eliminazione degli ovuli fecondati portatori di tali malattie. È però da ritenere che la sindrome dell’X Fragile sia malattia geneticamente trasmissibile e quindi, almeno per essa, non sia necessario attendere l’emanazione delle norme legislative che individuino l’elenco delle malattie geneticamente trasmissibili.

La normativa italiana sull’assistenza sanitaria è rafforzata dagli art. 25 e 26 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità che insiste sugli interventi precoci e sul diritto alle pari opportunità rispetto alle persone senza disabilità.

Per approfondimenti sui diritti sanitari vedi il sito www.handylex.org

Avv. Salvatore Nocera
FISH Nazionale
(Federazione Nazionale per il Superamento dell’Handicap)